Indici Azionari 2015: Analisi e Previsioni

L’anno che si è appena chiuso non è stato certo facile per gli indici azionari. Mentre gli indici statunitensi hanno avuto performances (in dollari) nell’ordine del 10%, gli altri principali indici da Giugno in poi sono stati caratterizzati da una prolungata fase di consolidamento, che ha in molti casi azzerato i risultati positivi conseguiti nella prima parte dell’anno. Prima di passare all’analisi e le previsioni del mercato azionario 2015, dobbiamo fare tre importanti considerazioni. La prima è che il 2014 si chiude con prospettive di crescita molto diverse tra le aree geografiche. A parte gli Stati Uniti contraddistinti da una crescita straordinaria grazie soprattutto ad una riallocazione industriale (molte aziende manifatturiere che avevano spostato gli impianti in paesi emergenti stanno rientrando a produrre in patria), ma anche ad un costo molto competitivo della componente energetica, la maggiore parte dei paesi industrializzati vivono ancora in una fase di incertezza economico-politica che non li rende facili da decifrare. La seconda è che ci troviamo di fronte ad un mondo completamente nuovo e da scoprire, creato da tassi di interesse ai minimi storici grazie a politiche monetarie incredibilmente accomodanti da parte di quasi tutte le Banche Centrali. Nel 2014 l’importante movimento sui tassi di interesse non si è riflesso, se non in minima parte, sugli indici azionari. La terza è la assenza di inflazione, che nel 2014 sembrerebbe diventata una caratteristica strutturale dell’odierno contesto economico.

Nel 2015, la principale fonte di preoccupazione dei mercati azionari è la variabile geo-politica. Ma esistono anche altre variabili che potrebbero influire in modo determinante sugli indici azionari. Vediamole una per una.

  1. Variabile Geo-Politica. Il 2015 è iniziato male dal punto di vista geo-politico. Il recente attentato in Francia ha fatto tornare in auge la minaccia terroristica sul mondo occidentale. Ma sono anche gli altri focolai di crisi a preoccupare, come la Russia, il prezzo del petrolio e l’Opec, l’Isis, l’Iran (anche se questo potrebbe evolversi positivamente su un possibile allentamento delle tensioni con gli Stati Uniti), Hong Kong (la spinta indipendentista potrebbe aumentare), per non parlare di Libia, Egitto, Turchia, Brasile (dove la crisi economica potrebbe peggiorare!). Tuttavia, anche se queste variabili vengono in parte metabolizzate dal mercato, ogni volta che si manifestano possono generare nuove reazioni negative. La Grecia dovrebbe rappresentare il primo banco di prova del 2015 con le elezioni anticipate che si terranno a breve. Lo scenario più probabile che sembra profilarsi è una netta vittoria di Tsipras, ma con numeri insufficienti a governare senza un’alleanza più centrista. L’impatto sull’Eurozona in questo scenario si limiterebbe alla richiesta agli stati di uno sconto sul debito.
  2. Crescita economica. A parte gli Stati Uniti, i paesi dell’Eurozona stanno facendo fatica ad uscire dalla crisi. Tuttavia, alcune riforme strutturali dei singoli paesi possano stimolare sia domanda che offerta di credito. Oltre che sull’Eurozona anche le stime su Brasile, Russia e diversi paesi asiatici sono molto basse. Il Giappone con gli stimoli monetari della banca centrale e la chiara leadership di Abe potrebbero essere dei fattori positivi. E’ anche probabile che le recenti riforme cinesi possano permettere il rilancio almeno temporaneo della sua economia, smentendo economisti e investitori che stimano un inarrestabile calo dei suoi tassi di crescita. Infine il petrolio a $55 aggiungerà crescita rispetto ad una media 2014 non lontana da $90.
  3. Petrolio. Il calo della domanda rispetto alle stime del 2014 può essere a consuntivo inferiore dell’1%, con un consumo medio non inferiore a 92,5 milioni di barili giornalieri, non giustificando così il movimento di prezzo fino a $55, che deriva invece da problemi interni all’Opec. Le stime delle case di investimento e dell’EIA per il 2015 sono per un petrolio mediamente inferiore a $65. E’ possibile a nostro avviso che negli ultimi mesi del nuovo anno possa esserci una sorpresa al rialzo per il simultaneo aumento della domanda e per la contrazione dell’offerta, a seguito dell’interruzione di alcuni progetti marginali.
  4. Abbassamento dei tassi d’interesse. Nei modelli di valutazione (DDM, DCF, etc.) delle azioni, il calo dei tassi a lungo termine ha sempre un effetto importante sul prezzo obiettivo. Un esempio è il caso del FTSE MIB in cui usando il BTP a 10 anni come risk free rate, il passaggio dal 4% di inizio 2014 al 2% attuale vale, soprattutto sui titoli a basso beta, diverse decine di punti percentuali. Nel 2014 questo aspetto innegabile è stato completamente ignorato dagli investitori!
  5. Utili. Nonostante l’anno appena passato sia stato caratterizzato da incertezza, gli utili aziendali hanno mediamente battuto le stime in quasi tutti i paesi. Nel terzo trimestre nell’Eurozona, c’è stata addirittura un’accelerazione rispetto al secondo trimestre.
  6. Tassi d’interesse 2015. Nel nuovo anno, i tassi dovrebbero risalire marginalmente sulla parte lunga della curva dei rendimenti. Tuttavia, l’aumento potrebbe limitarsi a poche decine di bps partendo dagli Stati Uniti, dove il mercato del lavoro comincia ad essere compresso. L’unico rischio di vedere un calo più profondo delle obbligazioni governative a lungo termine è legato al “positioning”, con diverse tipologie di investitori sovraesposti alla classe di investimento nonostante rendimenti reali poco allettanti.Un eventuale calo delle obbligazioni a lungo termine non dovrebbe avere un impatto rilevante per gli indici azionari, considerando che comunque la risalita dei tassi di interesse dovrebbe essere contenuta e limitata. Analogamente esiste un rischio deflazione, che manterrebbe elevato l’interesse degli investitori sulle obbligazioni, rendendo meno appetibile l’investimento azionario.
  7. Debito aziende. Nel 2015 dovrebbero vedersi ancora di più i benefici dello “riscadenziamento” del debito delle aziende a tassi di interesse più bassi, che avrà quindi un impatto positivo (insieme al riacquisto di azioni proprie) sui bilanci societari.
  8. Indici. Le stime Bloomberg per l’S&P nel 2015 sono per un EPS a $120, che al prezzo di 2060 esprimono un P/E di 17,15X non basso rispetto alla media storica, ma estremamente contenuto se nell’analisi rientra anche il rendimento delle obbligazioni governative a lungo termine.

Riassumendo, il 2015 è iniziato con un equilibrio geo-politico molto fragile e in grado di peggiorare da un momento all’altro. Le paure legate a questa variabile hanno già impattato sugli indici azionari nel 2014, impedendogli una performance sensibilmente migliore che altrimenti ci sarebbe stata dati tassi di crescita del PIL mondiale (3,3% stimato dal FMI) tutto sommato elevati e tassi di interesse a lungo termine in continuo calo. Tuttavia, le tensioni geo-politiche sono state almeno in parte metabolizzate, per cui l’eventuale ricomposizione di alcune di esse avrebbe un rilevante impatto positivo sugli indici. Ad ogni modo, il nuovo anno comincia con previsioni di crescita leggermente più elevate del 2014 (3,8% dello stesso FMI) e con un probabile miglioramento delle stime derivante dal basso prezzo del petrolio, il che di per sé già implicherebbe in corso anno un rialzo delle stime per l’andamento degli indici azionari e degli utili aziendali. A questo aggiungiamo l’incessante impatto positivo della tecnologia sulla produttività delle aziende, i bassi tassi di interesse e il riacquisto di azioni proprie, che potrebbero mantenere il trend degli ultimi anni in termini in termini di sorprese positive sui risultati aziendali.

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